Time to (design) think!

Negli scorsi articoli abbiamo parlato di come i videogiochi si stiano evolvendo, inglobando al loro interno vere e proprie logiche economiche. Siamo poi passati a parlare dei metaversi e di come possano, in potenza, creare nuovi ecosistemi economici indipendenti.
Oggi parleremo di un argomento leggermente diverso, molto più vicino a quello che facciamo tutti i giorni navigando su internet, ovvero della rapida evoluzione del web verso la sua futura incarnazione: il Web3.

Il passato/presente

Da quando il World Wide Web è stato creato (solitamente si fa risalire al 1989) non ha mai smesso di evolvere, prevalentemente sotto il punto di vista tecnico.

Osservando questi cambiamenti “dall’alto”, possiamo identificare con Web1 l’era in cui gli utenti navigavano i siti per fruire i contenuti. In questo periodo, chi creava un sito lo faceva con l’intento di pubblicare informazioni liberamente accessibili. I contenuti erano statici e i siti non offrivano praticamente nessuna interattività che andasse oltre il cambio di pagina.

La maggior parte di voi, invece, è maggiormente abituata a quello che viene chiamato Web2, cioè l’era dei social e dei siti interattivi. In questa fase non è più richiesto essere un programmatore per poter partecipare alla creazione dei contenuti da pubblicare e i siti offrono un elevato livello di interattività. Possiamo dire che la stragrande maggioranza dei siti che oggi visitiamo appartiene a questa tipologia: infatti, se volessimo pubblicare delle informazioni, avremmo l’imbarazzo della scelta su come fare. In altre parole, diventare un creatore di contenuti è estremamente semplice.

Nell’era in cui siamo – Web2 – la monetizzazione e la sicurezza, praticamente di qualunque servizio, seguono sostanzialmente lo stesso processo:

1) si lancia il sito; 

2) vengono portati più utenti possibili; 

3) il sito monetizza la base utenti che si è riuscito a creare.

Molto spesso i nuovi servizi lanciati non hanno un vero piano di monetizzazione perché sono più concentrati sulla creazione della base utenti, che è il requisito sine-qua-non per poter monetizzare. Anche sotto il profilo della sicurezza e della gestione dei dati, tutti i servizi funzionano in modo quasi identico, cioè c’è un unico ente (di solito la società che gestisce il servizio o il sito) che ha il controllo di tutti i dati e si fa carico degli aspetti connessi alla sicurezza.

Leggiamo di frequente dei data breaches che avvengono e non ci dovrebbe sorprendere come i numeri siano sempre più alti (parliamo di centinaia di milioni di utenti compromessi). Al tempo stesso, quando un governo o un ente sovranazionale ritiene che un servizio non debba poter essere usato ha vari strumenti per evitarne la continuità. Può impedire ai computer di collegarvisi, oppure può chiedere ai provider che mantengono online il sito di sospendere i servizi per loro indispensabili, fino ad arrivare a coinvolgere anche le banche, non erogando loro i servizi necessari.

Questi esempi costituiscono criticità potenziali, perché, se la maggior parte di noi può essere d’accordo nell’oscurare un sito sul dark web che, ad esempio, vende armi illegalmente, il confine diventa meno netto quando si parla di libertà di espressione in Stati dove questa non è sempre possibile.

Tutto ciò ci porta alla prossima era che viene comunemente chiamata Web3.

Il Web3 costituisce un cambio di paradigma su molti aspetti, ma il punto principale è la decentralizzazione che porta con sé.

Infatti, nel Web3 c’è una componente di verificabilità che fino a oggi su internet non era pensabile: questa nuova era comporta la possibilità di un auto-governo senza un ente centrale che ha il predominio su tutto il servizio, e rivede completamente il concetto di “pagamento”.

Questo è profondamente legato al mondo delle blockchain e in parte anche a quello delle cryptovalute. Infatti, potete pensare a un sito Web3 come a uno strumento che risiede su una blockchain e che quindi non dipende da un server, da qualcuno che gli fornisce un servizio di hosting e, quindi, che lo possa necessariamente controllare in autonomia.

Oggi ci sono protocolli blockchain che erogano servizi di spazio di archiviazione online, di identità, di trasferimento di fondi (e tanti altri) in modo totalmente decentralizzato, anonimo e senza un organismo centrale di controllo.

Riguardo al discorso dei pagamenti, oggi tutti noi conosciamo, ad esempio, PayPal, Stripe e altri servizi simili che costituiscono l’unico modo per inviare denaro a qualcuno.

Il Web3, essendo profondamente legato alle blockchain, ha già al suo interno tutto il necessario per inviare denaro tra persone o aziende senza la necessità di alcun intermediario. Inoltre, un trasferimento di denaro disintermediato ha un costo infinitamente più basso rispetto a quanto sia possibile fare con qualunque intermediario.

Analogamente a quello che vi ho raccontato sul mondo dei giochi, con il Web3 cambia anche il modo in cui si progetta un’azienda, andando a ragionare in termini di token allocation e non di equity. Inoltre, perfino il controllo aziendale può essere stravolto dall’utilizzo di un DAO (Decentralized Autonomous Organization) che permette a tutti gli stakeholder di votare per prendere decisioni.

Tutto quello che ho scritto può sembrare futuristico e un po’ utopico, ma, in realtà, sta già avvenendo negli ambiti più vicini alle blockchain; quindi, è solo questione di tempo perché non pervada anche altri settori e mercati.

Un esempio, non in ambito crypto, è “Friends with Benefits”, che è un sito in cui creatori e artisti condividono contenuti e il cui accesso è riservato a chi possiede determinati token (di blockchain) che abilitano anche alle votazioni sulle decisioni da prendere. Guardando questa piattaforma, ci rendiamo conto come questa sia un piccolo ecosistema economico indipendente dove chi entra, acquistando i token, non solo ha potere decisionale, ma ha anche la possibilità di accedere a contenuti riservati e di crearne a sua volta.

Oggi siamo agli albori del Web3 e buona parte delle innovazioni che potrà portare con sé non siamo ancora in grado di immaginarle fino in fondo. Tuttavia, l’evoluzione del web è sempre stata così: inarrestabile e senza sosta. 

Avere coscienza di cosa stia succedendo ci permette, però, di avere maggiore consapevolezza, e spero che il mio articolo possa incuriosirvi e spingervi ad approfondire questo tema.