Time to (design) think!

Nello scorso articolo abbiamo parlato di come l’evoluzione di alcuni videogiochi stia includendo sempre più aspetti e concetti tipici delle politiche economiche.

Oggi vorrei fare un ulteriore passo per capire perché, tralasciando in questa sede gli aspetti tecnici, il tema delle blockchain diventerà una presenza fissa in molti ambiti delle nostre vite. Spoiler: in parte, lo è già oggi, anche se in maniera sottile. Domani lo sarà invece alla luce del sole, tanto che finiremo per darlo per scontato!

Il metaverso

Partirei da una notizia che probabilmente tutti voi avete sentito: Facebook cambia nome e diventa “Meta”. Questa news ha fatto il giro del mondo, anche se raramente ho trovato articoli o spiegazioni che aiutassero davvero il lettore a capire perché il metaverso potesse riguardarci tutti, in prima persona.

Facciamo un passo indietro: cosa significa la parola “metaverso”? Questo termine è stato coniato nel 1992 da Neal Stephenson, che lo ha utilizzato per la prima volta nel libro di fantascienza “Snow Crash”, per indicare una realtà virtuale, accessibile e condivisa tramite internet, dove i soggetti sono rappresentati con degli avatar.

Tuttavia, come spesso accade dopo aver coniato un termine generico che fa fatica a racchiudere tutti i concetti sottostanti, ognuno vi associa deliberatamente il significato e la definizione che lo convince di più.

Provo, dunque, a fare chiarezza. Potete immaginare il metaverso come una realtà diversa da quella fisica (realtà virtuale o realtà aumentata, ad esempio) nella quale si possono fare attività simili a quelle reali (visitare luoghi, incontrare persone, ecc.), ma anche altre che non sarebbero possibili nella vita di tutti i giorni (come fare esperienze senza uscire di casa o interagire con persone da tutto il mondo senza spostarsi).

Da anni esistono mondi alternativi virtuali, pensiamo, ad esempio, a Second Life o ai vari MMORPG, quindi l’innovazione non risiede tanto nel “luogo”, quanto nel modo con cui ci si interagisce, ovvero tramite la blockchain.

Faccio un esempio concreto: alcuni di questi metaversi (perché sì, ce ne sono vari) permettono alle persone di acquistare “lotti” di terreno virtuale e, letteralmente, di costruirci sopra quello che desiderano, non tanto in termini di edifici, quanto più di esperienze per gli utenti che andranno a provarle.

Sia i lotti di terreno che tutti gli oggetti esistenti nel metaverso sono NFT (Non Fungible Token) cioè “cose” che possono essere acquistate/vendute sulla blockchain, ognuna delle quali ha un valore (di mercato) e può essere scambiata in cambio di cryptovalute.

Questo dà il via ad un mondo di nuove possibilità: una persona può acquistare un lotto di terreno come farebbe chi si occupa di real-estate nel mondo fisico, può affittare tale lotto a qualcun altro, oppure potrebbe decidere di far pagare un biglietto alle persone che vogliono provare l’esperienza disponibile, o proporre a un brand di sponsorizzarla. Alla luce di questo, non c’è da stupirsi se alcune maison della moda abbiano iniziato a creare capi digitali (anch’essi NFT) e a inserirli nelle loro collezioni.

Stiamo parlando di dinamiche che fino a oggi si potevano sviluppare solo nel mondo fisico, con delle ovvie limitazioni sia in termini di possibilità che di bacino di persone raggiungibili.

Questo significa che, quindi, c’è un intero sistema economico da costruire e che, se adottato in potenza, può catapultarci in un tempo non troppo diverso da quello dei coloni americani quando, andando verso ovest, iniziavano una nuova vita ricca di opportunità e senza particolari vincoli su cosa si potesse fare.

Questa è la situazione attuale, a mio modo di vedere, nell’ambito dei metaversi.

C’è il grosso dubbio di quali, tra i tantissimi che stanno nascendo, riuscirà a diventare “il” metaverso, un po’ come negli anni scorsi “il” social è stato prima MySpace, poi Facebook, Instagram, TikTok, eccetera. 

Molto probabilmente vedremo nascere metaversi specifici per determinati ambiti, come quello per lavorare – su questo Microsoft ha annunciato che sta elaborando il suo metaverso lavorativo legato a Microsoft Teams -, o quello per svagarsi.

Abbiamo fatto fatica a immaginare perché le blockchain potessero essere rivoluzionarie, e oggi siamo nella stessa condizione per quanto concerne i metaversi. Tuttavia, non possiamo non considerare che questi hanno un potenziale – con tutti i pro e i contro del caso – ancora tutto da esprimere: infatti, se fino a poco tempo fa i mondi virtuali erano solamente uno spazio di ricreazione, ora, tramite i metaversi,  potrebbero diventare delle economie alternative a quella reale. 

Sicuramente nel prossimo futuro non solo ci abitueremo alla parola “metaverso”, ma sono anche abbastanza certo che anche chi oggi lo bolla come un banale giochino, presto o tardi si troverà a sua volta al suo interno.