Time to (design) think!

Una difficoltà comune a molte aziende nell’attività di recruiting è quella di attirare i giusti candidati. Questo accade perché le nuove generazioni danno importanza al purpose e al contesto delle aziende per cui andranno a lavorare, dunque l’immagine che una realtà dà di sé impatta significativamente sulle risorse che la cercheranno. Questa situazione si complica quando un’azienda ha necessità di assumere persone con un profilo professionale che si discosta da quello tipico della propria popolazione aziendale.

Negli ultimi anni, lo scenario del recruiting è radicalmente cambiato rispetto al passato. Uno dei più grandi elementi di discontinuità è rappresentato da un cambiamento di mindset delle nuove generazioni, che oltre a fattori legati alla tipologia di lavoro che andranno a svolgere, come il salario, sono anche fortemente attratte da tutto ciò che concerne l’employer branding, la vision dell’azienda e il suo purpose

In secondo luogo, un altro fattore che ha determinato un’evoluzione in questo contesto è il digitale, che ha cambiato le relazioni tra aziende e potenziali candidati, perché se da un lato i social network sono un modo in cui possiamo analizzare un candidato prima di conoscerlo, d’altra parte questi canali sono un luogo dove le aziende si raccontano e vengono raccontate e questo impatta sulla tipologia di risorsa che si propone per eventuali posizioni aperte.

Partendo da questa riflessione, vogliamo illustrare il nostro approccio quando si tratta di supportare le aziende in strategie di recruiting, portando come esempio un nostro caso studio, che mostra i benefit che insieme abbiamo raggiunto:

• sviluppo di una employer branding proposition, contemporanea, adatta a interessare le nuove generazioni;

• utilizzo dei canali digitali per rendere variegata la popolazione aziendale, raggiungendo profili nuovi;

ottimizzazione dei processi di recruiting, per fare in modo che le HR ricevano solo le candidature più in linea con i propri bisogni. 

 

Con una multinazionale dell’ambito industria nostra cliente, abbiamo avviato una trasformazione del business dell’azienda, che ha necessitato anche l’inserimento di nuove figure professionali, prima inesistenti nell’eco-sistema aziendale. L’esigenza era quindi riuscire ad attrarre candidati differenti rispetto a quelli che di solito si proponevano: in questo caso prevalentemente uomini e con il titolo professionale di ingegneri, come raccontavano i dati HR del tempo. Questo accadeva perché effettivamente tale profilo rispecchiava molte delle esigenze aziendali, ma anche perché il percepito che questa realtà dava di sé chiamava questo tipo di candidato, che a sua volta si faceva ambassador dell’azienda, attraendo persone simili.

Per rispondere a questo bisogno, abbiamo avviato un’operazione di comunicazione, ricerca di candidature e poi di affiancamento delle HR nella selezione. Quello che abbiamo fatto allora è stato: 

• identificazione di 5 nuove figure professionali adeguate a supportare questa trasformazione, che sono state
inserite 
nel book-of-job dell’azienda a livello mondiale.
• progettazione di una strategia per trovare queste figure sul mercato, comprendendo in quali bacini culturali
poterle 
raggiungere, dato che non erano canonicamente identificate da un’etichetta.
• mandato un messaggio di recruiting a una larghissima fetta di popolazione, senza fare distinzione fra le varie
figure professionali e senza svelare quali erano le posizioni aperte. Il messaggio era composto da delle video
interviste al top-management dell’azienda che però parlava in prima istanze alle persone e non tanto ai
   professionisti, comunicando la vision dell’azienda, i bisogni, la ragione della trasformazione che era in atto.
• svelare solo successivamente, attraverso un test digitale attitudinale, quale posizione consigliavamo per ogni
candidato (che aveva comunque la possibilità di proporsi per un’altra posizione)

Perché questa strategia? 

Perché, come anticipato, l’azienda non era attrattiva per una larghissima fetta di professionisti, che non si riconoscevano nel contesto di riferimento di questa impresa, che opera in un settore molto verticale. Con il nostro approccio invece è stato possibile agganciare queste persone con un contenuto che era per loro di valore: ovvero la possibilità di entrare in ambiente innovativo, a prescindere da quale fosse il settore, di lavorare a fianco al management e di avere una posizione di responsabilità.

Abbiamo quindi mandato avanti la purpose prima che il brand, il contesto prima che la posizione professionale. Dopo questa azione di comunicazione sono arrivate moltissime candidature, che comprendevano popolazioni che l’azienda non era mai riuscita a intercettare (di cui gli ingegneri non rappresentavano più la fetta preponderante). Inoltre, per la prima volta, il numero di donne superava quasi quello degli uomini.

Troppo spesso si pensa ancora che fare recruiting sia un’attività a senso unico, che parte dall’azienda e arriva al candidato. Questo caso studio mostra che invece si tratta di un dialogo a due: come tale va alimentato da entrambe le parti.

In Twig facciamo spesso azioni one-to-one per supportare i nostri clienti nella ricerca di risorse che possano rispondere ai bisogni dell’azienda, e, anche grazie alla collaborazione con il Master in Design the Digital Strategy (POLI.design, Politecnico di Milano)  siamo spesso in grado di trovare risorse che si sono formate con il nostro metodo.

Non solo: stiamo, inoltre, progettando nuove soluzioni da implementare quando si sta facendo selezione per una nuova figura, che creino un vero e proprio percorso di avvicinamento tra questa e l’azienda, di modo che il candidato abbia una conoscenza approfondita del contesto a cui si sta proponendo. Un esempio è il podcast: molto meno oneroso di progettare operazioni di test e video-interviste, permette però, con semplicità e un effort contenuto, alle persone interessate alla posizione aperta di scoprire l’azienda attraverso la voce dei professionisti che vi lavorano.

I benefici?

Risparmio di tempo.

Candidati motivati e consapevoli.

Maggiore coerenza tra le richieste dell’azienda e le aspettative dei candidati.