Time to (design) think!

Sempre più spesso (e noi ne siamo molto contenti) si sente parlare di Design in azienda, e soprattutto di Design Thinking legato a processi organizzativi e Change Management e sempre più realtà organizzano workshop, esperienze e didattica Design Thinking oriented per i loro manager e dipendenti.

Rispetto alle esperienze che abbiamo fatto in prima persona con Twig e con i prodotti formativi per i quali collaboriamo il feedback è che c’è una risposta molto positiva a queste esperienze, ma è capitato anche di recepire alcuni dubbi a riguardo, e il problema emerso aveva sempre la medesima radice: la sensazione di aver vissuto un’esperienza molto stimolante e in grado di portare le persone a vedere out of the box, ma che questa esperienza possa rimanere tale e non riesca a penetrare realmente all’interno dei processi e l’organizzazione dell’azienda.

Come designer che utilizza il Design Thinking proprio per formazione e per forma mentis ho cercato quindi di trovare una personale risposta a questa criticità, al fine di comprendere meglio come poter integrare nelle aziende questo tipo di esperienze portando benefici concreti e duraturi.

Partiamo dal perché:

Queste esperienze (che siano lezioni, workshop o percorsi) vengono erogate a persone che di professione non sono designer. Le loro routine lavorative e il loro mindset formato da anni di lavoro è plasmato dalle loro attitudini personali, la loro formazione e la cultura aziendale nel quale sono inseriti. 

I principali feedback ricevuti da chi ha partecipato a queste esperienze sono stati ad esempio:

• l’aver capito l’importanza di partire dalle persone per progettare qualcosa di nuovo o ri-progettare qualcosa di esistente;
• aver trovato utilità nei tool utilizzati perché in grado di
integrarsi bene con il loro metodo, portando valore;
• l’importanza di collaborare con persone di ruoli e funzioni
diversi all’interno dell’azienda;
ispirazione, curiosità ed entusiasmo.


Missione riuscita
direte, quindi, no?

Sì, se l’obiettivo stabilito era quello di portare ispirazione e contaminazione, se era trasmettere l’importanza dell’approccio human centered, della bellezza di sperimentare andando al di fuori di quello che sono le regole di mercato tradizionali e dell’importanza di lavorare in team multidisciplinari. 

Se invece l’obiettivo è quello di provare a utilizzare il Design Thinking proprio come processo replicabile all’interno dell’azienda, allora questo non è sufficiente.

La parte difficile, infatti, arriva proprio ora; le persone che hanno partecipato alla formazione/esperienza sarebbero in grado di approcciare in autonomia un percorso del genere per utilizzare concretamente non alcuni dei punti chiave del design thinking, ma tutto il suo valore progettuale? 

La risposta per la grande maggioranza dei casi è probabilmente no e cerco di dare alcuni spunti a supporto della mia risposta.

Per arrivare al come:

Per passare da esperienza a processo/mindset ci vogliono quattro elementi principali: metodo, allenamento, contesto e, soprattutto, un coach. 
Proviamo a vederlo attraverso una metafora: decidere di andare a correre. Ho scelto questa attività perché sembra la cosa più semplice, ma non lo è.

Cosa serve, in fondo, per andare a correre?

• Decidere di farlo;
• Scarpe e vestiti adatti.

Ma perché se è così facile allora tanti dicono di non riuscire a correre?Perché non basta sapere di poterlo fare, ma è importantissimo sapere come farlo:

• Metodo: dobbiamo sapere da dove poter iniziare e come poterlo fare, quali sono i diversi step per affrontare la corsa nel modo corretto, cosa ci dobbiamo aspettare e soprattutto quali sono gli obiettivi che ci possiamo fissare.

• Allenamento: se facciamo fatica, se non ci sentiamo portati per la corsa o ci sentiamo di correre male, invece di perseverare siamo portati a smettere, oppure a correre solo quando si presentano le condizioni migliori (in vacanza, quando c’è il sole, quando non si è stressati). Se una cosa esce dalla nostra routine è difficile all’inizio trovare lo spazio e la volontà mentale per farla, e se è una cosa che ci richiede sforzo e fatica ancora di più.

• Contesto: per una nuova routine la prima cosa da fare è creare un contesto adatto affinché questa possa trovare il suo spazio nelle nostre vite per crescere, terreno fertile, sia mentale che fisico.

• Coach: cosa fa davvero la differenza oltre la forza di volontà? qualcuno esperto che ti guidi nei primi passi. 
Il coach è colui che avendo esperienza e competenze sa aiutare chi sta iniziando a correre perché riesce a: prevedere e prevenire determinate situazioni (soprattutto le criticità), sapere come agire in risposta alle situazioni, guidare e stimolare una persona nelle diverse fasi del suo percorso.

Il percorso di implementazione del Design Thinking subisce un processo molto simile; ma a parer mio la maggior parte degli esperimenti che “falliscono” è perché ci si è fermati alla trasmissione del METODO. Troppo spesso infatti si tende (non in cattiva fede) a sminuire troppo l’importanza delle altre tre voci che compongono questa formula di successo: allenamento, contesto, coach.

Proviamo quindi a ripercorrere la metafora della corsa calandola nell’applicazione del Design Thinking.

• Metodo: Il metodo è la base, quello che viene trasmesso nei momenti di formazione/esperienze fatte in azienda. In questo caso quello che solitamente più funziona per trasmetterlo al meglio è fornire molti esempi pratici sia di strumenti che di casi studio concreti per mostrare “come” questo metodo può venire applicato, come è già stato applicato da altre realtà e a che risultati può portare. Questa metodologia di trasmissione porta le persone a visualizzare meglio i concetti e trasferirli più facilmente nel loro contesto. Un altro aspetto importante che il formatore spesso utilizza è quello di calare il più possibile la teoria vicino al contesto dell’azienda in modo da essere più facilmente “mentalmente collocato” all’interno dei processi lavorativi e richiamato con più facilità all’occorrenza. 

Come per la corsa… bisogna imparare a correre, quali sono gli stili di corsa, quali risultati si possono ottenere.

 

• Allenamento: se ciò che si è appreso durante questi momenti di formazione e stimolazione non viene però poi subito riprovato, ri-utilizzato, ri-elaborato il metodo non può consolidarsi, ma anzi, tenderà molto presto a essere messo da parte sommerso da processi già consolidati, routine, emergenze. Le best practice in questo senso possono essere 2:

lasciare degli strumenti concreti alle persone e ai team alla fine dell’esperienza;
– dopo un primo momento di formazione/esperienza scegliere subito un progetto reale da approcciare con questo metodo per iniziare a sperimentare nel concreto le nozioni apprese.

La progettazione di una formazione/esperienza veramente efficace dovrebbe sempre prevedere anche l’impostazione dei parametri per permettere alle persone che hanno partecipato di potersi continuare ad “allenare” attraverso linee guida, tips pratici e strumenti.

Come con la corsa… dopo aver corso la prima volta bisogna subito continuare…

 

Contesto: parallelamente a un’esperienza di questo tipo deve essere anche predisposto il giusto contesto affinché questo processo, questo mindset, possa essere replicato e trovi terreno fertile all’interno dell’azienda. Costruire già parallelamente al percorso il “post-percorso”: come può essere inserito in modo strutturato all’interno dei processi, come può essere continuamente stimolato, come costantemente far crescere le persone sotto questo aspetto.
Anche in questo caso la preparazione del contesto va prevista prima ancora della formazione/esperienza ed è prettamente una parte che può anche non venir fatta direttamente con le persone poi coinvolte ma con l’HR, la dirigenza, o chi avrà il compito di creare il contesto più favorevole affinché le persone potranno al meglio applicare questo approccio ed esserne “sponsor” all’interno dell’azienda anche con i colleghi.

Come per la corsa… bisogna costruire il contesto per integrare la corsa all’interno della routine…

• Coach: ultimo punto, ma fondamentale, è la presenza di un coach, che nel caso del Design Thinking è un consulente esperto della materia in grado di facilitare sia la parte iniziale di formazione/esperienza che di predisporre tutte le condizioni necessarie elencate prima volte a favorire il reale trasferimento dell’approccio.
Avere metodo, allenamento e contesto può non bastare ancora quando parliamo di attività che non abbiamo mai fatto. Ci serve una persona che ci guidi nel portare nella nostra realtà le cose che che abbiamo imparato nella teoria, ci serve qualcuno che ci accompagni e ci stia vicino nel fare questo salto le prime volte e che ci trasmetta la sua esperienza.
Nel caso del coach vorrei infatti andare maggiormente nel dettaglio del perche lo trovo fondamentale:

Il coach porta il team di progetto a “non scappare”, ma a sviscerare fino in fondo l’approccio nelle diverse fasi. Indica come affrontare le parti più difficili del percorso e il mindset migliore per affrontarlo.
Allena a vedere le cose in modo diverso: siamo abituati a pensare per affinità, se non abbiamo qualcuno che ci spinge a vedere le cose da un altro punto di vista, a considerare altri aspetti (anche quelli non facili) saremo sempre portati a vedere le cose che ci sono più vicine e che maggiormente sono conformi al nostro punto di vista.
Dà il tempo, il ritmo: il coach ci spinge a fidarci completamente del percorso, ci obbliga a rispettare i tempi del progetto, ci indica quando è il momento di accelerare e quando di rallentare.

Per fare un esempio concreto, il Design Thinking ha come obiettivo principale quello di andare a progettare il problema prima ancora di progettare la soluzione, porta le persone a chiedersi il perchè delle cose, a cambiare il punto di vista. Questi aspetti sono estremamente personali e complessi e avere un coach che stimoli ad andare sempre più nel profondo del problema, a chiedersi anche i perchè più scomodi e provare ad applicare anche punti di vista inusuali cambia davvero la prospettiva del progetto e fa emergere davvero il valore dell’approccio.

Potrebbe essere questa la formula corretta?

Per noi sì. Perchè anche se questa è solo la base di partenza e ogni percorso va modellato in base alle esigenze e gli obiettivi dell’azienda, non bisogna mai dimenticare che per introdurre un nuovo approccio progettuale, bisogna progettarne l’esperienza a partire da tutti e 4 i punti di vista. Solo in questo modo si potrà preparare correttamente il terreno per delle prestazioni vincenti.

E quindi per concludere…chi è pronto a correre con noi?