Time to (design) think!

Dopo aver scritto l’articolo sull’approccio del tempo nel Design Thinking ho subito sentito la voglia di scrivere un nuovo pezzo per approfondire un altro aspetto di questa metodologia: l’importanza che questo metodo dà al “fermarsi” per porsi le giuste domande e trovare la direzione migliore prima di iniziare a progettare.

La cosa che da sempre trovo più efficace della metodologia del Design Thinking è quanto questa riesca a incanalare il pensiero in modi diversi  lungo il processo: per farti ragionare a fondo senza dare mai nulla per scontato e spingerti a trovare il tuo forte punto di vista progettuale, prima di iniziare a progettare davvero.

È  in questo preciso aspetto quindi che trovo un forte parallelismo con la situazione attuale nella quale tutti siamo stati costretti a fermarci.

Tra i vari insegnamenti di cui è portatore il Design Thinking, c’è quello secondo cui  per progettare nel modo corretto, è necessario affrontare ogni cosa con il “tempo” giusto, che ogni tempo ha il suo respiro e, se rispettato,  questo tempo aiuta a raggiungere al meglio i tuoi obiettivi. 

Il momento a cui dedico sempre la massima attenzione, sia quando sono in aula che quando progetto per i clienti, è quello tra il DEFINE e lIDEATE: il momento chiave in cui ci si ferma, si formula il proprio punto di vista e si elabora la domanda progettuale che guiderà la seconda fase del processo.

Ma che cos’è una domanda progettuale e perché è così importante fermarsi e dedicarle la giusta attenzione?
La formulazione della domanda progettuale è quello strumento che ci aiuta a rendere chiaro e tangibile dove, e come, vogliamo andare a dirigere i nostri sforzi di progettista: la chiave di volta che se affrontata con serietà e interpretata correttamente determina la buona riuscita del progetto. 

La sua formalizzazione si trova infatti a metà del percorso progettuale; se guardiamo lo schema del Double Diamond è il punto di congiunzione dei due diamanti: è allo stesso tempo il punto di chiusura della prima fase di ricerca e analisi del problema e il punto che pone le basi per iniziare la fase creativa e operativa.

Il processo di progettazione Double Diamond

Questa posizione ne sottolinea l’importanza e stabilisce il suo ruolo: deve saper racchiudere e cristallizzare tutte le informazioni più importanti scoperte e processate nella fase uno, e deve essere il propulsore per la seconda fase più creativa.

La giusta domanda progettuale è quella domanda che getta le fondamenta e allo stesso tempo apre una chiara direzione e inquadra la prospettiva progettuale che si vuole seguire. È una domanda che non è “statica”, ma che a me piace definire “dinamica”, una domanda che ha all’interno un movimento, una spinta, che si porta dietro un preciso punto di vista; una domanda con un raggio abbastanza ampio da includere una vasta gamma di soluzioni, ma al tempo stesso abbastanza stretto da definire confini utili.

I due diamanti rappresentano infatti le due macro fasi del processo, divise internamente in due momenti caratterizzati dall’alternanza di pensiero divergente e pensiero convergente, che sono le due tipologie di pensiero che determinano il respiro progettuale. Durante le fasi del pensiero divergente, il pensiero si apre, esplora ed è coraggioso; durante le fasi divergenti il pensiero progressivamente si va a stringere, si fa analitico e cerca di trovare risposte alle suggestioni stimolate durante i momenti divergenti.

Un giorno, parlando con Marco (ndr: Marco Ronchi, CEO di Twig), in uno dei nostri confronti a ruota libera sui temi più disparati, gli ho raccontato questa lettura della progettazione come un respiro” e ne è uscito un parallelismo interessante con la meditazione e la vita di tutti i giorni. Nella meditazione infatti il respiro è il cuore della consapevolezza: esiste una fase di inspirazione, (la nostra fase divergente), in cui “apri i polmoni” e ti nutri di tutto ciò che è aria. Ed esiste una fase convergente, in cui i “tuoi polmoni si stringono”e butti fuori tutto ciò che non è ossigeno puro per mantenere solo ciò che è importante (la nostra fase convergente).

In questa alternanza di respiri però, per aumentare la consapevolezza dell’unicità di ogni singolo respiro, ci si concentra sulla pausa tra un respiro e l’altro perché solo concentrandosi sulla pausa (ciò che è fuori dal respiro), è possibile carpire davvero l’unicità di ogni singolo respiro.

Ed è proprio in questa alternanza e interruzione del respiro, in questa sospensione e cristallizzazione consapevole in grado di dare significato a tutto il processo, che abbiamo trovato il parallelismo tra i due respiri, quello della meditazione e quello progettuale.

E perché no, ci siamo anche un po’ sorpresi nell’accorgerci di come questo concetto di alternanza di approcci, di pause e di ripartenze, sia in realtà veramente il fulcro di moltissimi aspetti della nostra vita, se ci prendiamo il tempo di pensarci anche solo davanti a uno spritz.

Il fermarsi, il sospendere e poi trovare la direzione giusta non è un esercizio immediato, né nella meditazione, né nella progettazione; nella metodologia del Design Thinking uno strumento che aiuta moltissimo nell’inquadrare il proprio punto di vista sono le “How Might We” question.

Si parte dall’area del problema che si vuole risolvere e si usano queste domande per aprire diverse strade progettuali.

Riporto qui come esempio le domande formulate dalla Stanford d.school e vi invito a focalizzarvi su quanto, essersi fermati a guardare il problema da un punto di vista differente,  cambi radicalmente la prospettiva progettuale e favorisca la nascita di progetti molto diversi tra di loro.

Sfida

Riprogettare lo spazio di attesa dell’aeroporto.

Punto di vista

Una madre di tre figli si precipita verso il gate per scoprire che il suo volo è in ritardo. Deve intrattenere i suoi bambini giocosi per evitare di irritare i già frustrati compagni di viaggio.

How Might We question

Alleviare la tensione/rimuovere il male: 

come potremmo separare i bambini dagli altri passeggeri?

Esplorare il contrario: 

come potremmo rendere l’attesa la parte più eccitante del viaggio?

Mettere in dubbio un assunto: 

come potremmo rimuovere del tutto il tempo di attesa?

Creare un’analogia: 

come potremmo rendere l’aeroporto come una spa? Come un parco giochi?

Cambiare uno status quo: 

come potremmo rendere i bambini giocosi e rumorosi meno fastidiosi?

Per concludere che cosa vorrei davvero lasciare sul Design Thinking alle persone che leggono questo pezzo?

Che nella progettazione, così come in tutte le volte che prendiamo decisioni importanti, fermarsi, riflettere sul punto di vista che si sta utilizzando e sapere di aver posato il proprio pensiero su qualcosa di stabile è fondamentale per sapere di essere sul percorso giusto e che la sfida, come persone e come progettisti, è quella di essere capaci di gestire questa sinusoide di pensiero nel modo migliore, adattandosi ad ogni fase che la vita ci propone.

Per essere una persona consapevole, come per essere un progettista consapevole, sono necessari entrambi gli approcci: bisogna saper essere fase crescente (divergente), e poi saper essere fase calante (convergente), in un’alchimia che non ha una regola standard, piuttosto un’equazione che cambia in funzione della persona, del problema che deve affrontare e del contesto che lo circonda.